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Il logo di Clochard Corporation e di Clochard Games (librogioco, gioco da tavolo e gioco di ruolo GDR), Clochard Music (colonna sonora e canzoni), Clochard Entertainment (video divertenti e web series). È di Simone Memmo, l'autore di short film, RPG, romanzi e musica. Egli scrive i migliori libri di fantascienza italiani, ed ha creato giochi da tavolo italiani, giochi di ruolo italiani e un librogame italiano disponibile in download PDF ITA (Il Viandante Cosmico). Tra i librigiochi, BG, pen & paper in solitario o multigiocatore co-op, il sito comprende anche blog, forum e bibliografia con le opere. Dal negozio, o store, si può comprare e scaricare gratis. È tra i siti più belli del mondo, avendo un'atmosfera spaziale, chill, ma dal mood lovecraftiano (simile allo scrittore HP Lovecraft per i mostri e criptidi). Nei racconti, i generi possono scostarsi in: uncanny valley, spazio liminale, subliminale, surreale, psicologico, filosofico, fantascienza, horror, giallo, drammatico, road trip
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Questo render 3D contiene una cover art, o immagine di copertina, in stile Bryce anni 90 / inizi 2000. È un androide donna su sfondo di mare, dal sentore di uncanny valley e analog horror. Consigli Per Gli Acquisti Nel Paese Senza Riposo è infatti una raccolta di racconti di stampo psicologico, thriller, orrore e talvolta anche di umorismo nero o black humor. In un mondo futuristico, la società è in balia della mercificazione costante di prodotti e servizi, quindi le pubblicità propongono beni da paura, quasi fantascientifici. Le megacorporazioni che vi sono dietro sono affamate di soldi: dell'umanità gli interessa poco e nulla. Dalla pagina dove è presente questo rendering pauroso, si effettua l'acquisto del PDF o del libro in formato cartaceo. Soggezione e follia aspettano il coraggioso lettore in una serie di racconti subliminali, e a tratti liminali, ma sicuramente spaventosi per il loro realismo.

"Dimmi cosa sai fare.” “Be’, modestamente me la cavo niente male con la smerigliatura, l’assemblaggio, e...” Trevor alza le lenti delle occhiali da sole ribaltabili, squadrando di traverso il futuro dipendente della sua azienda. Quello tentenna, per poi cambiare versione: “Okay, magari in questo settore non serve, ma sono certo di poter fare faville nel controllo qualità! Ho buon occhio, e...” “Non hai capito un fico secco, come al solito. Se ti domando cosa sai fare, tu non rispondi con delle cose che sanno fare tutti, o che potrebbe fare chiunque. È una pessima battuta nel migliore dei casi, una mancanza di rispetto nel peggiore... Tu devi dirmi - chiaro e tondo - perché sei meglio degli altri, e perché io non potrei fare a meno di te.” “Mi spiace deluderla, signor Wolfe, ma questo dovrebbe saperlo più lei che io... Ieri mi è parso che avesse visto qualcosa in me. Qualcosa che evidentemente, io trascuro...” “Una risposta del cazzo di uno che non vale un cazzo; c'era da aspettarselo... Ascolta,” Egli si drizza in piedi, al che va per posizionarsi vis-à-vis col novellino che via via si fa più piccolo al suo cospetto. Nel tragitto, i gioielli di famiglia abbronzati gli dondolano a destra e sinistra, per quanto calanti. Dopo, cessano con un sobbalzo, in prossimità di Travis e ad una distanza sgradevolmente nulla. “Voglio che adesso mi tiri un pugno.” “Cosa?” “Proprio qui. Sul naso. O sul mento, dove ti resta comodo...” “Perché mai dovrei...” BAM! Però è Travis a finire al tappeto con un paio di narici sanguinanti. “Lezione numero uno, giovinastro - non tenere incatenata la belva che è nel tuo cuore. È contronatura. È spregevole. Prima o poi ti divorerà, se non gli allenti il guinzaglio. Piuttosto, lascia che assuma il controllo della tua persona, e gli agnelli ti temeranno di conseguenza... Li indurrai a fronteggiare quel riflesso torbido che loro stessi tentano di dissimulare - e la società, di questo, te ne sarà eternamente grato. È così che si plasma un vincitore, e che si sollecita tutti quanti gli altri a seguire le sue orme. Non temere le conseguenze, poiché sono sempre artefatte o mitigabili: la sete di potere non conosce limiti etici. Esiste in funzione di sé stessa, in una dimensione priva di costrutti sociali. Quindi sii implacabile, non mostrare pietà a chi ti ostacola, e prendi a frustate il mondo - che è la tua puttana.” Stanco di ascoltare le fandonie di un menomato mentale, Travis si rialza con un ruggito e sferra il suo, di cazzotto. Trevor però si sposta, facendo sì che lui cada: “Regola numero due, ragazzo. Schiaccia il nemico, ma non illuderti di poter schiacciare me. Io ti mangio, e sputo le tue ossa.”

 

Sarà forse per l’adrenalina, ma le sinapsi di Travis non connettono bene... Il disgusto che ha per il suo datore di lavoro, si trasforma in paura. No, non paura. Rispetto; o ciò che lo precede. Un lieve senso di devozione o qualcosa del genere, covato per un soggetto mefistofelico che al tempo stesso irradia saggezza. Egli si alza, stavolta per potergli stringere la mano. Va per protendere il braccio, il suo palmo ben aperto, al che Wolfe lo riguarda schifato: “Giù i tentacoli, sottospecie di vermiciattolo. Quando mi toccherai sarà solo se vorrai pulirmi il culo. E poi le lezioni non sono ancora finite... Vieni con me.” Trevor si sposta dal solario per recarsi dentro, in ufficio, dove un omuncolo brioso gli porge una coppa di champagne. “Lui è il cane. Cane, ti presento verme.” “Wesley Boya,” squilla il giovine, senza curarsi dell’insulto. “Piacere di conoscerla...” “Travis Crane.” “Travis! Che bel nome!!” “È troppo simile al mio,” Attacca Wolfe, trangugiando le bollicine: “Da oggi si chiamerà verme... E appena voi due finite di succhiarvi il cazzo a vicenda, vorrò illuminarvi con la mia sapienza.” Costoro rimangono taciti, in attesa di una nuova tranche di scempiaggini. “Che c’è? Vi siete cagati addosso?!” “No signore.” “Allora iniziamo.” Wolfe ruota come un perno per avvinghiarsi all’ombrello che sta accanto al finestrone. Una volta fatto si rigira di colpo, e con un movimento deciso, conficca la sommità nel bulbo oculare di Wesley. Egli è subito a stramazzare al suolo dal dolore.

 

“Ma che cazzo ti è preso?! Sei matto?!” Come prevedibile, lo spirito indomito di Travis non può che rabbuffarlo. Quindi, nell’esile speranza di impedire altre mosse avventate, va per tenergli in ostaggio il gomito, immobilizzandolo con una presa salda. A Trevor, ciò non piace affatto. Distoglie progressivamente lo sguardo da Boya, focalizzandosi sull’eretico che ha osato toccarlo. I suoi occhi arrossati, come quelli di Satana; o peggio. “Va’ al tuo posto, verme di terra!” Di rimando, scaraventa Travis con una forza sovrumana e decisamente inaspettata, se si considera la sua età quasi secolare. Sicché, abbaia con la bava alla bocca: “Chiuderò un occhio su quello che m’hai appena fatto; un po’ come lo sta chiudendo lui per altri motivi... Però vedi... ‘Travis’...” Pronunciando il nome come se il solo suono inducesse al rigurgito, egli continua: “Il motivo per il quale lui è così angoscioso... Cosa significa, veramente?!” “Gli hai spappolato l’occhio senza una cazzo di ragione, cosa vuoi che significhi?!” “No, no, no e no! Ascolta per una dannata volta! Cosa significa... Per me?” “Cosa significa... Per te? Non lo so, non so mai cosa ti frulla per quella testa bacata!!” “Tu non lo sai, perché non c’è nulla da sapere. Quello che ho appena fatto, non significa niente... Per me! Ora hai capito?!” “Cosa... Cosa c’è da capire?! Basta coi giochi; chiamo un’ambulanza!” Travis torna in piedi e va lì dove c’è un telefono a filo. Frettoloso di comporre il numero, ogni tanto avvita il collo per rivedere il riccioluto che si trattiene dal gridare. È in ginocchio, col capo chino sopra un lago di sangue che poco fa era composto appena di qualche goccia. In quanto a Wolfe, lento ma risoluto, egli si appropinqua da Travis con fare minaccioso... E lui teme per la propria vita. Le dita si impietriscono dal digitare le cifre, e le palpebre si serrano... Clic. E questo è quanto. Il forsennato ha solo schiacciato il gancio di chiusura della chiamata, bisbigliando, alla fine, la frase climaterica: “Odio parlare al vento, Travis; era la prima lezione. La prima, strafottutissima lezione... Devo proprio ripeterla? Proprio adesso che speravo di insegnartene una nuova?!” “Fanculo le tue lezioni, fammi chiamare!” “Se insisti...” Il capo rialza il dito. Travis è stupito dal gesto che, di primo acchito, appare compassionevole. Però è una farsa e il suo stupore non potrà mai arrivare ai livelli di ciò che succede dopo: Boya - con un palmo a coprire lo zampillo - si accalca. Lui stesso preme il bottone sotto la cornetta: “Non chiamare l’ambulanza. Non sono mai stato meglio.” Il suo sorriso cremisi, tremante di gran patimento, non la racconta allo stesso modo. Travis però, si ferma. Riaggancia e ascolta Trevor: “Ora, caro Travis... Ti è chiaro il concetto? S’è consumato qui, davanti a te. Non puoi dirmi di no.” Il manovale impaurito scuote la testa malsicuro. L’altro lo ignora e prosegue a sentenziare, stavolta, con un timbro pacato e suggestivo: “Il punto è questo. Quando io ferisco, chi è che soffre? Quando picchio, o massacro, o lapido, o fucilo, o eviscero o ammazzo qualcuno e ne violento il cadavere - chi è che soffre? Non io, questo è sicuro. Ed è la rivelazione più semplice, al contempo essenziale dell’universo, a cui pochissimi ci arrivano... Quasi nessuno. Ma vedi, arrecare del male agli altri per il proprio tornaconto personale, è SEMPRE una strada plausibile. È la lezione più importante.” Travis non ancora smette di scuotere la testa: “Hai torto... Ciò che fai... È sbagliato!” “Verme; Travis... Ma cosa dici? Sbagliato?!” Trevor si allontana emettendo un cachinno. Prende il secchiello dove c’era dentro lo spumante, e svuota il ghiaccio sopra l’asciugamano che aveva in testa per togliere il sudore. Alla fine porge l’impacco freddo al riccio che ci si fionda per passarselo sull’orbita oculare. Trevor torna da Travis.

 

“Non c’è alcuna differenza tra giusto e sbagliato. Sono strade che conducono alla stessa destinazione; cambia soltanto l’itinerario. Stiamo parlando di facce di una medaglia che in maniera costante propina delle sfumature... Dopotutto si tratta di concetti umani, e i concetti umani sono relativi. Non dimenticarlo. Quello che per te è l’inferno sulla Terra, io lo vedo come l’ultimo grido di battaglia del genere umano, nella sua forma più pura. E a proposito di questo, c’è da dire un’altra cosa... L’ambizione degli uomini. È sciocca da quant’è semplice. Loro non vogliono fare altro che ritagliarsi uno spazio nel mondo - ma ciò implica che qualcun altro ci deve perdere, o no? Ora, immagina che un uomo davvero disperato - o avido - sarebbe disposto a far patire un’intera popolazione pur di raggiungere i propri scopi... Tu affermesti, chiaramente, che quell’uomo andrebbe tolto di mezzo. Ma sai cosa succede, semmai lo facessi? Per farla breve, il caos... Non è una regola scolpita nella pietra, ma storicamente è risaputo che più un potere viene esercitato, e più è alto il prezzo da pagare quando lo si estirpa. Se ci pensi è logico. Il potere si propaga in modo sistematico e inesplicabile. Ironicamente, di tanto in tanto lo fa avvalendosi proprio del bene; o come lo chiameresti tu. Dunque, sempre a rigor di logica, l’uomo che finisce fuori dai giochi per via della tua distorta concezione del bene, è lo stesso che poi non potrà più supportare l’altra popolazione; quella che gli ha permesso di raggiungere qualsivoglia posizione di autorità. Adesso fai il calcolo... Gli sfruttati oramai il duro colpo l’hanno già subìto, e non è detto che si riprendano. Insieme a loro si aggiungono centinaia, se non migliaia di persone, che hanno molto probabilmente delle famiglie a carico. Paradossalmente, non avrai fatto più danno tu a togliere di torno quel mostro, che non lui a comportarsi come tale...? Tu hai esibito lo stendardo del bene, facendo penare dei terzi che c’entravano poco e niente. Non ti sei curato affatto di loro. Lui invece, ha martoriato la metà delle vittime, dopodiché - indirettamente o meno che sia - ha creato posti di lavoro, ha risanato dei territori, ha sfamato della gente; con tutti i ‘se’ e ‘ma’ del caso, però è innegabile che l’abbia fatto.” Trevor aleggia avanti e indietro, indietro e avanti per la stanza, esponendo i concetti. Quando sente il bisogno di sottolineare una riflessione nello specifico, egli bacchetta l’aria con un dito. Poi, appena si concede un secondo per rifiatare, Travis capisce che è quello il periodo migliore per interromperlo. Tenendo a freno la lingua dalle offese, presenta la sua controbattuta: “Tutto bello e roseo quello che dici. Non fa una piega. Ma esiste una piccola, piccolissima parolina che cambia tutto. Esistono i compromessi.” “Compromessi tra bene e male?!” Trevor si fossilizza sul posto. È a bocca spalancata: “Spero tu stia scherzando! I compromessi sono il terreno fertile dell’uomo che non si accontenta! Non arginano il problema... Casomai, l’aiutano a propagarsi. Rifacciamo un tuffo nella storia e te ne darò la prova, razza di stolto...” Il bizzoso si mette a sedere. “Gli uomini di tribù prosperavano in comunità ristrette, dove ognuno aveva il proprio ruolo. Si era versatili, coordinati, e soddisfatti del poco che si aveva. La competizione sociale era limitata, dacché sopravvivere era di fatto più importante rispetto al resto. Per il bene del gruppo al completo, si trattava di una priorità assoluta, una attecchita nel loro sistema al punto tale che i compromessi non c’erano, e se c’erano, allora era sempre e solo in funzione di lei, della sopravvivenza. Un bel giorno però... E per bel giorno intendo dire schifoso, catastrofico e offensivo... Nacque il concetto di ‘società’ e tutto quello che si porta appresso. L’uomo si... L’uomo si... Civilizza. Puah! Temo di aver perso materia grigia solamente a pronunciare quel termine!” Egli scaracchia sul tappeto. Prosegue: “Ora la sopravvivenza non è più un problema! L’unione fa la forza! Le correnti di pensiero nascono e fioriscono, dando vita a splendide culture... Sì, un paio di palle. Non ti sto a spiegare il perché dell’immensa delusione che provo. È una questione troppo, troppo lunga. Se dovessi metterla su carta, dovrei disboscare una faccia e l’altra della Terra, ma a quel punto avrei a malapena lo spazio per scrivere la prefazione. Già, la storia è davvero critica, ma se c’è una cosa che posso dire, sarebbe questa: oggi l’uomo fa più compromessi del solito, poiché i problemi sono radicati in tutto fuorché la sopravvivenza. Lo vedi nella politica, dove taluni succhia-soldi senza ritegno, approvano disegni di legge fatti con smegma e tarzanelli, redatti da macachi e messi in vigore da dei subumani a cui manca la spina dorsale. Puntualmente le loro iniziative danno la precedenza alle puttanate; non a ciò che conta. Perché cosa conta è compiacere un po’ tutti, renderli felici e contenti in contesti frivoli... La vera piaga poi, è che le menti dietro le normative non sono capaci di mettersi d’accordo, perché sono in numero sproporzionato, e di conseguenza hanno idee contrastanti. Perciò sai cosa fanno? Agiscono per mezze misure. Creano regole veicolate dai compromessi, e in quella maniera nessuno può aprir becco. Il risultato è da mani ai capelli: in realtà, così facendo, non si favorisce né un gruppo di cittadini e né l’altro, piuttosto si punta ad una fastidiosa mediocrità che non apporta chissà quali benefici a nessuno. Ed ora prendi un impero, una monarchia, o una dittatura. Là c’è una sola mente. Un singolo vertice, che decide per tutti quanti. Potrà non piacere, però almeno c’è chi giova delle sue decisioni - che è sempre meglio di nessuno. Ripeto: il problema sono quei fottuti compromessi. Indipendentemente dal contesto, non c’è peggiore araldo di sciagure. E lì per lì sembra nulla, ma con il tempo ti potresti accorgere che ci sono dei mali che sono apparentemente scollegati, che condividono la medesima fonte: un ripiego che qualcun altro ha stabilito al posto tuo... Ti potrei infarcire di esempi, ma tanto a cosa servirebbe? Sei troppo giovane e sprovveduto, e finora nessuno ha mostrato l’acume necessario per tenere testa al mio genio...” Travis vorrebbe dire qualcosa, ma non sa bene cosa. L’argomentazione fluisce a senso unico, e non importa la replica, Trevor troverebbe sempre il modo per distorcere il significato delle parole, presentando poi le prove del contrario. Non esiste crescita individuale né pensiero costruttivo con un tiranno come Wolfe: ha una visione della realtà adamantina... Solo una frase riesce a farsi strada nella gola di Travis: “Copriti quel cazzo. Non si capisce dove comincia la tua faccia.” Dipoi si riavvia per tornare a casa. Boya cerca di impedirlo, senza successo, al che Trevor si frappone: “Lascialo. Tornerà da solo. La bestia si alimenta di danaro e autorità, e il suo richiamo è troppo forte da contenere... Un giorno striscerà ai miei piedi per collezionare ciò che gli è dovuto."

(Continua sul libro "Consigli Per Gli Acquisti Nel Paese Senza Riposo")

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• Progressi del Progetto                                         ▰▰▰▱▱▱▱▱▱▱ 30%

☑ Introduzione completata.

☑ Scritti sei racconti su 15~.

☐ Editing e proofreading necessario.

☐ Copertina placeholder (da sostituire).

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI NEL PAESE SENZA RIPOSO

Facendo zapping in TV, appaiono i soliti game show, reality, film pluripremiati. Poi, finalmente, ecco che in soccorso sopraggiunge la pubblicità. In un mondo dove il progresso va a braccetto con la sete di soldi delle grandi multinazionali, gli spot pubblicitari devono stare al passo, attingendo dai desideri più discosti e viscerali delle retrovie psicologiche. Devono essere tangibili e richiamare al benessere, alla produttività, all'automatizzazione che, in certe realtà frenetiche, fanno davvero gola.
 
Sta di fatto che offrire soluzioni convenienti e pionieristiche, come il cibo infinito, la capacità di non poter provare sensazioni negative, o anche delle contromisure atte a mitigare la sovrappopolazione, devono per forza di cose celare radici insolite ed oscure, quindi, sortire conseguenze catastrofiche...

Lettura consigliata su PC desktop o laptop.

La pagina non è definitiva. Possono presentarsi degli errori, scarsa leggibilità o discrepanze che non riflettono l'attuale stato del libro.

Contesto: Trevor Wolfe è l'amministratore delegato di un'azienda tessile ben affermata; Travis Crane, un potenziale dipendente della stessa. I due si incontrarono in un'occasione non esattamente formale, dove anzi, stavano per venire alle mani. Normalmente, le cose sarebbero dovute finire lì, ma si innescò una strana intesa fra i due. Trevor vide un giovane indomito che riusciva a tenere testa alle sue angherie malgrado lo status sociale per cui era temuto e riverito, Travis, vedeva in lui una figura sì enigmatica, ma anche saggia. Volle scavare a fondo nella sua personalità, la sua psicologia, per capire come mai trattava così male le persone... E anche per farsi assumere, certo. Dopotutto, in questa realtà consumista e capitalista, al limite della distopia, i soldi non fanno schifo a nessuno. Pur tuttavia, l'intervista non va affatto come pronosticato, e succede tutto ciò che non sarebbe dovuto succedere. C'è prepotenza, sopruso, filosofia nichilista. Sangue. 

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Estratto

I'm A King Bee
"Quando l'allievo superò il maestro sbagliato"
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